Pillole d'Arte

    
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Francesco Saverio Raffaele Altamura




Foggia, 05/08/1826 - Napoli, 05/01/1897

Fu vivissimo in lui il sentimento patriottico, istillatogli dal padre suo, ed il senso di bellezza della natura. Fu avviato allo studio della medicina contro voglia, finché si iscrisse segretamente all'Accademia di Belle Arti di Napoli. Ribelle ai principi accademici preferì seguire il suo impulso, che lo portava a copiare dal vero. Ciò nonostante non riuscì mai a liberarsi completamente dall'accademismo. I suoi quadri trattano per la maggior parte soggetti patriottici. Fu pure molto felice nel ritratto. Pittore di grande forza e potente coloritore, fu caposcuola di pittura verista a Napoli, insieme al Morelli.

Il quadro che viene considerato capolavoro è Odi vecchi e amori nuovi, nella galleria Colonna di Roma. Espose nel 1847 Cristo e l'adultera primo suo quadro, acquistato dal principe d'Aquila, fratello di Ferdinando II di Borbone; La morte di un crociato, 1848; Gli ebrei esuli in Babilonia, col quale vinse il premio artistico di Roma nel 1847; Il profeta Nathan e Re Dario; La figlia di Jefte, che fu premiato a Firenze; La trilogia del Buondelmonte (le nozze il tradimento ed i funerali del Buondelmonte), premiato pure a Firenze nel 1861; Il sacco di Roma, opera appartenente all'epoca di transizione dalla scuola vecchia alla nuova, che si trova alla galleria Colonna di Roma; Veronica Cybo, nella Sala del Consiglio Provinciale di Napoli; Mario vincitore dei Cimbri, col quale vinse il concorso nazionale e che, riprodotto per volere di Vittorio Emanuele III, si trova ora nella Pinacoteca di Capo di monte; Ritratto di Carlo Troya appartenente all'Istituto di Belle Arti di Firenze; Il Savonarola in carnevale; Excelsior attualmente nel Museo Civico di Torino; Dulce pro Patria mori; Lettera d'Africa; Dubbio e Fede, nella Galleria Vonwiller di Napoli; Francesco I e la Regina Bianca, eseguito per commissione di Matteo Schilizzi; La monacazione di Maria Spinelli, in Casa Spinelli.

Eseguì pure molti quadri di soggetto religioso notevole, per il sentimento essenzialmente umano che spira dal viso del Cristo, quello rappresentante Gesù alla colonna. Fu membro onorario di tutte le Accademie d'Italia, insegnante all'Istituto di Belle Arti di Firenze. Combatte sulle barricate per il nostro Risorgimento, e vi fu ferito. Coinvolto in una congiura contro i Borboni, fu condannato a morte in contumacia, riparò in Toscana ove rimase diciassette anni. A Napoli tornò solo dopo il 1860; ma poco dopo ebbe inizio la sua decadenza fisica che cagionò una notevole diminuzione del suo valore artistico.

(A. M. Comanducci)

 

Nacque a Foggia il 5 agosto 1826 da Raffaele A. e da Sofia Perifano di famiglia greca. Studiò in quella città presso gli scolopi con un padre Borrelli che poi a Roma fu il precettore dei figli di Francesco II. Suo padre, impiegato governativo, essendo stato trasferito a Salerno, poi ad Avellino, lo mandò all'università di Napoli a studiar medicina. Ma il giovane Altamura cominciò invece a frequentare ogni sera la scuola dell'Accademia di belle arti e vi conobbe il Morelli che gli fu condiscepolo e maestro. Per poco tempo frequentò anche lo studio di Michele de Napoli. Nel 1846 il conte d'Aquila gli comperò un Cristo e l'adultera. L'anno dopo insieme col Morelli vinse il pensionato romano.

Tornato a Napoli, conobbe al caffè de Angelis Achille Vertunni, Diomede Marvasi, Camillo de Meis, Luigi La Vista. S'entusiasmò alle prime volate liberali di Pio IX, ma, presentato al re il bozzetto d'un quadro su Pio V, si udì rispondere: "Non far soggetti di papi ora che i papi fanno i giacobini". Arrestato dopo una dimostrazione trovò in carcere il Poerio, il d'Ayala, il duca di San Donato. Nel 1848 fuggì in Toscana, e vi dipinse parecchi quadri con storie di esuli: il Primo passo dell'esule, gli Esuli di Babilonia, ecc. A Firenze si sposò con una bellissima greca e ne ebbe tre figli. Una figlia morì presto di mal sottile, e allora la moglie si ritrasse a vivere in un'isola dell'arcipelago dov'era nata. Nel 1860 l'Altamura tornò a Napoli, vi fu eletto consigliere comunale, vi dipinse per il palazzo del Consiglio provinciale di S. Maria la Nuova un Garibaldi che non si sa dove ora sia, e per la cappella del palazzo reale la Madonna morta e la Madonna in cielo. Il resto della decorazione di quella cappella fu dal marchese di Breme affidato al Morelli.

Ma presto Altamura ripartì per Firenze, dove Bettino Ricasoli, capo del governo provvisorio, "volendo associare l'arte ad intendimenti civili", bandiva concorsi tra pittori e scultori o commetteva loro direttamente quadri e statue in gran copia. Altamura fu incaricato di dipingere il ritratto di Carlo Troya che ora è nella galleria fiorentina d'arte moderna. Nel 1861 partecipò alla prima esposizione nazionale con le Esequie del Buondelmonti ora nella Galleria nazionale a Roma. Nel 1863 dipinse Mario e i Cimbri, anch'esso nella Galleria moderna a Pitti. Bell'uomo, artista bizzarro e ineguale, tratto dal suo fuoco a concepir grande e dalla sua indisciplina a eseguire con stento, non riuscì né all'ispirato e luminoso romanticismo del Morelli né alla tranquilla osservazione dal vero dei macchiaioli toscani, che pur gli furono amici. Sopra un quadro dell'Altamurail dall'Ongaro nel 1870 scrisse uno stornello che giustamente gli chiedeva: "O Saverio, Saverio d'Altamura, che vuoi contarci con la tua pittura ?"

Nel 1866 fu per poco rinchiuso in una casa di salute. Nel 1867 espose a Parigi un Cristo tra i Farisei comprato da Matteo Schilizzi, e vi rivide Francesco II, cui lo presentò Gaetano Filangieri, e là visse per parecchi mesi col de Nittis, con Rossano, col Dalbono, con Giuseppe Palizzi, e divenne intimo del mercante Goupil. Alla grande esposizione di Napoli del 1877, dove il Michetti trionfò col Corpus Domini, Altamura esponeva una Maria Spinelli, la monaca che fu detta innamorata del Cimarosa. Alla Promotrice napoletana del 1879 il suo Le Roi s'amuse fu comprato dal re Umberto per Capodimonte. A Torino nel 1880 espose una mediocre allegoria da Longfellow, Excelsior; a Roma nel 1883 un Chirone centauro che fu comprato dallo stato. Per la chiesa di Castrignano de' Greci (Lecce) dipinse l'Annunziata e altre nove tele. Al Museo di San Martino, in Napoli, è un suo vivace autoritratto, qui riprodotto. Morì a Napoli il 5 gennaio 1897. Foggia nel 1901 gli ha innalzato un monumento. Suo figlio Alessandro, pittore di genere e di paese, nato a Firenze nel 1856, dimorò a Parigi, morì in Grecia presso la madre.

(Ugo Ojetti - Enciclopedia Italiana - 1929)